Il centro di ascolto si apre all’accoglienza dei migranti all’inizio degli anni ’90 con l’arrivo dei primi stranieri, alcuni dei quali vengono accolti negli spazi della comunità di via Rubens.
Accogliere lo straniero significa costruire un percorso di integrazione e di avvicinamento reciproco, a partire dalle reali possibilità che la normativa in vigore consente a ciascuno di mettere in atto.
Il diritto di migrare è infatti sancito per legge e la migrazione è da sempre legata alla vita degli esseri umani. L’abitudine e il pregiudizio vedono nello straniero un potenziale pericolo, un qualcuno che deve essere controllato perché sconosciuto e quindi imprevedibile. Basta cambiare il punto di vista per capire che vivere da straniero, a partire da queste premesse, può essere molto difficile, a maggior ragione quando si vive una condizione di fragilità. La mancanza di relazioni significative, di una rete sociale e affettiva, la difficoltà di comprendere la lingua, le leggi e le abitudini, rende la situazione di bisogno ancora più pressante e difficile da gestire.
Piazza Sordello
É la piazza creata dai Gonzaga demolendo un intero quartiere. Qui si trova la facciata di Palazzo Ducale, sede della cancelleria gonzaghesca e uno dei primi luoghi incontrati dai viaggiatori che arrivavano a Mantova. Il talento dei luoghi fa sì che oggi qui ci siano la questura e l’ufficio immigrazione.
Attraversiamo piazza Sordello e, per la vertiginosa discesa di via Cairoli, arriviamo in piazza Virgiliana.
Approfondimenti
con le braccia incrociate sul petto e con voi nella mente Sì, con voi persone coraggiose che
siete annegate,
con voi che adesso avete anche le anime bagnate.
Immagino con dolore i momenti della tragedia…
Siete caduti nel mare, molti di voi non sapendo nuotare.
Cercavate di aggrapparvi a qualsiasi cosa, molti di voi all’aria
Perché volevate continuare a vivere. Ne avevate tanta voglia.
Vedo però sott’acqua dei padri e delle madri
che piangono, anche se, le lacrime non si notano sui loro volti bagnati…
Non lottano per restare a galla perché sono abbracciati
ai loro figli piccoli indifesi, condannati.
Non li mollano per non farli morire soli e abbandonati
e, forse morendo assieme, le anime resteranno per sempre abbracciate.