Da questi luoghi, sul finire del 1800, passa la vita di Teresa Fardella e del suo pentolino ambulante che apre la strada all’idea di offrire un pasto ai poveri.
Nella stessa piazza, poco più di un secolo dopo, prende vita anche l’esperienza di Villa Angela, una comunità per persone con disagio psichico fondata dalla cooperativa sociale Ippogrifo.
C.A.S.A. San Simone considera l’accesso alla cura della salute un diritto acquisito anche se non è così scontato; non tutte le persone hanno accesso allo stesso modo ai servizi sanitari, non tutti ricevono lo stesso trattamento quando hanno un problema di salute.
La salute non va poi intesa solo come fisica, ma va considerata come dimensione integrale della persona; il benessere non può essere solo fisico, ma deve comprendere anche la dimensione psichica e relazionale. Questo tema acquisisce particolare rilievo se si pensa al disagio mentale e ai tentativi di chiuderlo in un “ghetto”, lasciando le persone portatrici di questi disagi ai margini, perché considerate pericolose e da evitare.
Prendersi cura della persona significa considerarla nella sua interezza: a partire dai bisogni primari dell’essere nutriti e guariti, a quelli più alti di essere riconosciuti ed accettati come persone aventi tutti uguali dignità e diritti.
Piazza Virgiliana
Mantova è una città particolare: dove c’era un porto oggi c’è piazza Virgiliana e ancora troviamo traccia di un’attenzione dei Gonzaga per la salute. L’attuale sede degli alloggi dei Carabinieri e della caserma della Polizia Stradale era infatti l’Ospedale Grande di San Leonardo che risale al 1450.
Per capire una città occorre fare percorsi inusuali e attraverso vie e vicoli dai nomi evocativi come Deserto sbuchiamo in piazza Broletto.
Approfondimenti
È esperienza personale di ciascuno di noi, quando è malato, di soffrire di una qualche disabilità, di “funzionare” meno nella vita quotidiana, di ridurre o anche annullare le frequentazioni sociali.
Nel corso della pandemia da Covid 19, per prevenire il contagio, abbiamo tutti sperimentato il distanziamento, e lo stiamo ancora tenendo.
Ma a tenere lontani gli altri, a respingere i malati fuori dalla città non ci sono solo le malattie infettive trasmesse per contagio diretto (come la Lebbra dei Vangeli o la peste di Milano): ci sono i “folli”, i “matti”, le persone con problemi di salute mentale, e insieme a loro gli “handicappati”, e più recentemente i “migranti irregolari”, la cui vicinanza procura a molti disagio, fastidio, quando non paura (v. il tema della pericolosità).
Questo modo diffuso di sentire ha prodotto nelle nostre civilissime società da una parte discriminazioni, giganteschi fenomeni di emarginazione e reclusione e, dall’altra, insicurezza e sentimenti di vergogna nelle persone che ne vivono la condizione. Come dimostra in questi giorni la reazione risentita di Silvio Berlusconi alla possibilità di essere sottoposto ad una visita psichiatrica.
Si aggiunga che nelle persone con disturbi mentali ( e nei loro famigliari) la vergogna, lo stigma sociale, oltre minare la qualità della vita quotidiana, ostacolano anche la ricerca di buone cure, spingono all’autoisolamento.
Per interrompere, spezzare una tale deriva bisogna che alle persone con disturbi mentali, una per una ( con i loro famigliari) siano riconosciute l’individualità, le storie, i vissuti e si lavori per far venir fuori desideri, progetti di vita da supportare, portare quanto più possibile a realizzazione, valorizzandone le capacità di resilienza, riscatto, protagonismo a partire dalle risorse umane e ambientali esistenti e da usare per sostenere l’autostima e garantire condizioni di vita rispettose della dignità della persona.
Costruire percorsi di vita indipendente ha richiesto e richiede un’importante cambio di paradigma, l’intervenire in un’ottica diversa rispetto a quanto accade quando prevalgono il pregiudizio, la diffidenza: perché al centro stiano le persone con le loro esigenze / aspettative / desideri, non servizi con gestioni di stile autoritario, non risposte burocratiche cui bisogna adeguarsi.
In questa direzione di percorso si colloca l’esperienza di Villa Angela, una casa, una residenza protetta nel cuore della città, non ai suoi margini come era il manicomio di Dosso del Corso.
Mantova, 28 settembre 2021